Maria Stuarda, assieme ad altri tre lavori sulle regine inglesi, mostra uno dei tanti filoni della produzione donizettiana, e l’esecuzione, dopo quasi centosettanta anni alla Fenice, rende pieno merito ad un’opera il cui dualismo tra due primedonne è tra i più significativi.
Bisogna cominciare col dire che quest’allestimento si è aperto con un forfait, e senza nulla togliere al Maestro Carminati, la mancanza di Bruno Campanella, il migliore specialista e uno dei più accesi sostenitori del repertorio belcantistico, si è sentita. Solamente chi conosce cosa sia il passaggio di transizione tra l’ultimo Rossini e il primo Verdi, dieci anni in cui Bellini e Donizetti, per citare i due compositori italiani più importanti, sa ricondurre una peculiarità ad un linguaggio comune, sa leggere e concertare l’opera di modo che si riconoscano debiti, crediti e prestiti, che questo repertorio dimostra di avere in qualunque sua forma come segno inequivocabile di riconoscimento.
Non solo, l’attenzione alle voci deve assurgere ad assioma fondamentale. Nella direzione di Carminati non si è sentito molto di tutto ciò e soprattutto nell’accompagnamento cadenzato dei lunghi numeri, che ricorda bene il primo Verdi, l’orchestra ha sovente coperto il canto recando più di qualche difficoltà in palcoscenico.
Denis Krief ha invece svuotato e spogliato l’opera rendendo il dramma il più asciutto possibile, ma finendo per renderlo anche incolore. Scenograficamente Krief ricrea astrattamente un labirinto materiale e mentale in cui si muovono i personaggi che non si incontrano quasi mai, e il dato corporale ed emotivo del dramma si svilisce in una fiacca staticità.
Sul piano vocale non va affatto meglio. Fiorenza Cedolins è una grande soprano, ma non è sembrata ancora pronta a debuttare un ruolo di questo peso vocale, perché la mancanza di abitudine con questo repertorio, che contiene tanto un canto spianato, quanto un canto d’agilità, con fioriture, cromatismi e puntature, la penalizza molto. Sonia Ganassi è spesso in affanno e tende giustamente a sfumare piuttosto che a forzare, ma la psicologia subdola, fiera, ma anche degna di pietà al pari della Stuarda non emerge. José Bros, Leicester, non aiutato sicuramente dal carattere del suo personaggio, dà prova di un inconsistente spessore drammatico e vocale, eccetto nelle aperture centrali, spingendo e puntando il suono sino al limite del tonfo.
Maria Stuarda
tragedia lirica in tre atti – libretto di Giuseppe Bardari dalla tragedia Maria Stuart di Friedrich Schiller – musica di Gaetano Donizetti – prima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 30 dicembre 1835
personaggi e interpreti: ELISABETTA Sonia Ganassi – MARIA STUARDA Fiorenza Cedolins – ROBERTO, CONTE DI LEICESTER José Bros – GIORGIO TALBOT Mirco Palazzi – LORD GUGLIELMO CECIL Marco Caria – ANNA KENNEDY Pervin Chakar
MAESTRO CONCERTATORE E DIRETTORE: Fabrizio Maria Carminati – REGIA, SCENE, COSTUMI E LUCI: Denis Krief
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice – maestro del Coro Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, la Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli e la Fondazione Teatro Massimo di Palermo
durata dello spettacolo 2 ore e 25 min.
www.teatrolafenice.it