Concorso
È l’avventurosa storia personale, spalmata su diversi decenni di storia patria, del cameriere Jan Dite (in ceco qualcosa come “Giovanni Bambino”), che da piccolo cameriere di birreria riesce apparentemente a sfruttare i malanni e le sventure del proprio paese a proprio personale vantaggio, finendo col diventare milionario proprietario di immobili. Ma l’albergo tanto agognato e l’amore per la sua tedesca Lisa, membro del popolo nazista invasore, saranno vanificati dagli ultimi capitomboli del destino, che dopo anni di prigione comunista gli riserverà una tranquilla e provinciale vecchiaia, e alcuni pacifici anni di esistenza in cui egli ripercorre le sue numerose e non sempre lodevoli prove di “adeguamento alla storia”.
Jiri Menzel, per chi non lo conoscesse, è uno dei registi emersi negli anni Sessanta nella Cecoslovacchia che si andava lentamente liberando dai legacci censori e dal peso dei dogmi estetici imposti dal regime burocratico e filo-sovietico di Praga. Quello sfaccettato e travolgente movimento fu chiamato in ceco “nova vlna”, in sintonia con la nouvelle vague che aveva rinnovato il linguaggio cinematografico (in Francia, ma non solo) a partire dagli ultimi anni Cinquanta. Il cinema ceco e slovacco espressero un’amplissima gamma di personalità: si va dalle rigorose posizioni esistenziali di Schorm ad interpretazioni barocche e postmoderne di Jakubisko o Juracek, fino alla lettura lieve e fenomenica dei primi film di Milos Forman o alle stilizzazioni giocose di Nemec, per non parlare del femminismo metaforico di Vera Chytilova; in questo panorama il posto occupato dal riservato e più tradizionale Jiri Menzel è meno rivoluzionario e certamente più legato al cinema poetico e umanista del passato (si va dalle comiche del muto a René Clair).
Non sorprende dunque che spesso il buon Jiri, che dall’inizio della sua carriera sottolinea di non voler essere un “autore”, venga spesso ridimensionato a semplice e garbato confezionatore di idilli provinciali o di storielle da osteria rivolte alla belle epoque o a una medietas da biedermeier. Tanto più questo può disturbare se si considera che il caso ha voluto che proprio lui divenisse una sorta di gemello ufficiale cinematografico del più grande narratore ceco del dopoguerra, Bohumil Hrabal: il regista ha trasposto molti dei suoi libri in pellicola, e non sempre la ferocia esistenziale o la sottile disperazione del narratore sono state conservate nelle trasposizioni cinematografiche, che il più delle volte conservano invece solo la patina più idilliaca e apparentemente gioiosa della vita degli emarginati o delle bettole di periferia.
Non si può nascondere che Menzel abbia fatto delle posizioni medie, mai estreme o schierate, il punto cardine della sua poetica, ma è questa una direzione assunta coscientemente e coerentemente perseguita per decenni, per lo più con il totale appoggio e la collaborazione dello stesso Hrabal (sempre coautore delle sceneggiature). Questo Ho servito il re di Inghilterra è appunto l’ennesima prova in questo senso: la prima dopo la morte dello scrittore (avvenuta dieci anni fa), e quella che poneva molte difficoltà nuove, stante la lunghezza e la complessità interpretativa dell’omonima base letteraria, la quale costituisce forse lo scritto di Hrabal che più si avvicina alla forma classica del romanzo, con la sua estensione temporale, la ricchezza dei rimandi storici, l’abbondanza dei personaggi e l’evoluzione psicologica degli stessi.
Non è questo il luogo per fare un’analisi differenziale, ma già dal diverso finale che Menzel qui sceglie rispetto alla pagina scritta e dall’eliminazione di uno dei più aspri memento delle colpe del protagonista (il figlio minorato) si può riconoscere tutto Menzel e nella sua interezza il suo classico (che piaccia o meno) modo di “deformare” coscientemente Hrabal: egli, fin dall’uso di una colonna sonora spensierata o con alcune gag da film muto, stempera la tensione drammatica della narrazione hrabaliana, prediligendo i momenti comici e pacificati al dramma sotterraneo di un omino (il Dite/Bambino protagonista) che si adegua, si conforma, scala la società in funzione del suo ingenuo e fiabesco sogno di ricchezza, sacrificando amicizie, dignità e facendosi collaborazionista dell’invasore hitleriano.
C’è da dire in vero che, rispetto al resto della sua opera, qui Menzel, pur indorando la pillola, osa un po’ di più sul versante torbido e unheimlich della raffigurazione: si veda la grottesca sequenza dei mutilati di guerra al bagno, o la già criticatissima in patria scena d’amore in cui il volto dell’amante si trasforma per un istante in una maschera ghignante hitleriana.
Quanto scritto finora valga soprattutto per chi si preoccupa (giustamente) di filologia storica e letteraria e per chi si interessa dell’evoluzione artistica di un regista. Per un pubblico che si troverà (si spera vivamente) a poter vedere magari anche in Italia questa più che dignitosa commedia umana amara e nostalgica, va detto che Menzel ha recuperato il ritmo narrativo e l’inventiva dei suoi film migliori: sebbene l’alternanza dei flashback e la voce over che declama un po’ a sproposito alcune fra le righe più famose del libro stanchino un po’ a lungo andare, questo è un film che intrattiene, pur senza essere una mera pellicola di evasione: qui sta il nucleo espressivo di un regista che trasporta sullo schermo con saggezza artigianale e mano sicura il suo mondo e la sua modesta visione del mondo (piuttosto che quella di Hrabal). Non dimentichiamo che Menzel ha vinto subito un Oscar con il suo esordio (Treni strettamente sorvegliati), nonché un Orso d’Oro a Berlino ’90 con il suo film censurato per decenni Allodole sul filo (fra gli altri riconoscimenti la medaglia del Senato a Venezia ’94 per Il soldato molto semplice Ivan Chonkin). Chi scrive crede che il suo non sia un conformismo idillico e mediocre, ma uno dei modi più intelligenti di coltivare la commedia, questo a volte ingiustamente bistrattato “sesso debole” del cinema. Non di solo dolore vive l’uomo.
titolo originale: Obsluhoval Jsem Anglického Krále
paese: Rep. Ceca, SK
anno: 2006
genere: fiction
regia: Jirì Menzel
data di uscita: CZ 11/01/2007
sceneggiatura: Jirì Menzel
cast: Ivan Barnev, Julia Jentsch, Oldrich Kaiser
fotografia: Jaromír Sofr
montaggio: Jirí Brozek
scenografia: Milan Bycek
costumi: Milan Corba
produttore: Rudolf Biermann, Tomáš Hoffman
produzione: 2media.cz , TV NOVA , IN FILM , AQS (CZ)
distributori: Bioscop