E se, dopo tutti i pretestuosi processi affrontati in vita, al signor Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière, toccasse in sorte di doverne subire uno ancora più surreale in televisione?
Al Teatro delle Celebrazioni di Bologna domenica 4 marzo ore 21 Paolo Hendel in “Molière a sua insaputa”
Un insolito Paolo Hendel, nei panni di un improbabile Molière, accetta l’invito della trasmissione televisiva “A sua insaputa”.
Convinto di partecipare a una serata celebrativa e promozionale della sua opera, questo buffo Molière non sa ancora che in quel programma, una specie di Serata d’Onore surreale che ospita illustri personaggi del passato e del futuro, accadranno eventi singolari al limite del paradossale.
In un turbinio comico di equivoci e fraintendimenti, la serata ben presto assume i connotati dell’inquisizione: la sua vita privata, la sua opera, le sue grottesche idiosincrasie, sono analizzate, scandagliate, vivisezionate. L’ingenuo Molière prova a giustificarsi, ma la conduttrice (una strana figura mefistofelica, con bizzarri abiti contemporanei e un’anacronistica parrucca seicentesca) non gli dà tregua. Sadica e soave, chiama in causa una sequela di bizzarri opinionisti e giornalisti con nomi desueti tipo Argante, Orgone, Alceste, Cleante, Tartufo che gli sproloquiano i testi delle sue commedie.
Molière riconosce in loro i suoi personaggi, e tutti gli si rivoltano contro. Lo accusano di aver copiato le sue opere dai comici italiani; di essere diventato uno scrittore di corte sempre pronto a compiacere i gusti del Re; di aver sposato sua figlia e aver concepito con lei dei bambini.
Siamo alle solite: tutti lo vogliono processare e lui è costretto a giustificarsi.
Adesso è la sua stessa vita ad assumere il carico tragicomico dei personaggi che portava in scena.
La conduttrice sostiene che le sue farse sono ormai datate, che non fanno più ridere nessuno, e per dimostrarglielo lo invita a recitare delle scene. Lui raccoglie la sfida. Ed ecco che una grottesca surrealtà prende il sopravvento: gli attori che gli vengono affiancati sono dei nani in confronto a quei giganti di La Grange, Béjart, Du Croisy; e opere come Il borghese gentiluomo, l’Avaro, Il malato immaginario, vengono letteralmente massacrate dalle interpretazioni pretestuose orbitanti attorno a intellettualistiche letture.
È della sua stessa vita che ride adesso la gente, e non più delle sue commedie.
Alla fine Molière si ritroverà solo, un fantoccio minuto di fronte all’enorme schermo di un vecchio televisore con manopola; gli sembrerà di essere uscito da un incubo.
Gli viene in mente il famoso monologo sull’Ipocrisia del Don Giovanni. È un personaggio che in vita non ha mai recitato perché lui interpretava la parte di Sganarello. Pronunciando, per la prima volta, quelle parole, lo fa con una verità disarmante: l’ipocrisia oggi è un vizio di moda, e quando un vizio diventa moda, non è più un vizio, ma una virtù.
Sul volto di questa maschera senza tempo si disegna un ghigno strano, simile a un sorriso sbilenco.
Si volta, gira la manopola e il televisore, finalmente, si spegne.
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