“Prince Avalanche” di David Gordon Green

La strana coppia

C’è un curioso, sottile filo cinematografico che lega Berlino e Torino e questo filo non passa solo attraverso la mostra su Martin Scorsese inaugurata nel gennaio 2013 al Museo del Cinema della capitale tedesca alla presenza dell’Assessore alla Cultura della capitale subalpina, che successivamente porterà la medesima mostra al Museo del Cinema nella Mole Antonelliana di Torino. Quel filo passa anche attraverso due film e due festival. Un film è Either Way dell’allora trentatreenne regista islandese Hafsteinn Gunnar Sigurdsson, presentato al festival del cinema di Torino nel 2011. L’altro film è il suo dichiarato remake in versione texana, Prince Avalanche, del regista statunitense David Gordon Green, presentato al festival del cinema di Berlino nel 2013.

Il primo film vinse il Festival di Torino, ma non sappiamo dire se sia stato proiettato almeno una volta in un cinema. Il suo affine targato USA non ha vinto a Berlino, ma pare destinato a un buon botteghino, almeno a giudicare dall’apprezzamento del pubblico della kermesse tedesca, con sale sempre tutte esaurite.
È incredibile come gli americani riescano a creare miti ed epopee a partire da ogni avvenimento che impatti, tocchi o anche solo sfiori la loro coscienza collettiva. Così, come un tempo ci sono stati far west con indiani e cowboy, oggi assistiamo a questo film che prende lo spunto da violenti incendi dell’estate del 1988 che devastarono un’ampia zona di foreste nel Texas.

Nell’estate dell’anno successivo e negli stessi luoghi due operai cantonieri sono impegnati per settimane a ridipingere la mezzeria della strada che attraversa quella foresta scheletrita e desolata. Ecco: tutto il film è dedicato a quei due oscuri, normalissimi uomini, due come tanti, con il loro lavoro, le loro manie, paure, idee, speranze, sogni, allegrie e tristezze e tutto quello che fa parte di ogni uomo. Due uomini che lavorano isolati dal resto del mondo e per giunta in un periodo in cui non esistevano ancora i cellulari, immersi in una atmosfera onirica e surreale, lontani ore e ore di macchina da ogni forma di vita umana ad eccezione di due vecchi, un uomo e una donna, che compaiono di tanto in tanto come fantasmi e poi improvvisamente scompaiono, quasi come misteriose ombre della terra, metafore della distruzione, invisibili tra loro.

I due cantonieri sono, come è immaginabile che sia, tipi diversi con aspirazioni e pensieri differenti. Alvin (Paul Rudd) è concentrato sul suo senso del dovere, che si esprime anche con un certo umorismo nel suo pertinace intento di apprendere il tedesco da una audiocassetta. Cerca di farsi piacere il fatto di dover stare lontano dalla fidanzata per tanto tempo e sembra esserne convinto davvero. Lance (Emile Hirsch) invece, più giovane, fratello della fidanzata di Alvin, soffre per l’isolamento, nei fine settimana cerca compagnia femminili nella città più vicina (o meno lontana), ma le aspettative sono sempre superiori ai risultati, proprio come spesso accade nella vita. Discutono, litigano e si riappacificano, sognano di essere supereroi, protagonisti e autori di un fumetto che racconti le avventure di un principe che si chiama “Avalanche”, come i loro due nomi fusi insieme.

Lo spettatore è in continua attesa di qualche evento ma come in un deserto dei tartari non succede nulla, mentre la quotidianità stempera ogni cosa. Il vero significato del film sta nei dialoghi, semplici e quasi banali, eppure veri e qualche volta forti, come quello in cui Alvin spiega a Lance che la paternità è un dono, un miracolo del quale essere felice, anche se la futura madre di suo figlio è una donna di quarantasette anni incontrata forse solo “quella” volta.
La narrazione è tutta qui, con dedica in coda a un uomo vero, Lance (1938-2012) “in memoria”.

Punto di forza è l’interpretazione sofisticata e quasi teatrale dei due protagonisti, entrambi bravissimi, con un Hirsch che, dal sex symbol di Venuto al mondo di Sergio Castellitto, è ingrassato ma sa guardarsi con ironia scanzonata e innocente.
La colonna sonora, che ricorda certe ballate di Bruce Springsteen in Nebraska, sottilnea con efficacia il racconto.
Con Prince Avalanche il trentottenne David Gordon Green accantona il suo consueto filone “demenziale” e offre una buona regia, non da Orso d’oro ma certamente in grado di offrire una toccante ora e mezza di visione e ascolto.

Titolo originale: Prince Avalanche
Nazione: U.S.A.
Anno: 2013
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 94′
Regia: David Gordon Green

Cast: Paul Rudd, Emile Hirsch, Lance LeGault, Joyce Payne, Gina Grande, Lynn Shelton, Larry Kretschmar, Enoch Moon, David L. Osborne Jr., Danni Wolcott
Produzione: Muskat Filmed Properties, Rough House Pictures, Dogfish Pictures
Distribuzione:
Data di uscita: Berlino 2013
Nella foto Hemile Hirsch
Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio