“Voglio che la mia danza sia pop perché la voglio portare a un “altro” pubblico, con coreografie autoriali che di solito non si vedono a teatro, rappresentandole all’aperto, nei luoghi della bellezza e dell’arte in Italia: Pompei, le terme di Caracalla e l’Arena di Verona.” Così Roberto Bolle, nel presentare al 34° Torino Film Festival il documentario che testimonia, come lui stesso afferma “Uno spaccato di un periodo bellissimo della mia vita, quello del Tour “Bolle and Friends” del 2015”. “Qui, insieme a me- prosegue –danzano alcuni tra i migliori ballerini e ballerine del mondo: è un progetto che ho mutuato dal tributo dedicato a un grande maestro, Nureyev, che ho conosciuto a 15 anni. Da lui ho imparato a migliorare sempre e ad andare oltre barriere e convenzioni”.

Le immagini ci rivelano un artista che, a 41 anni, dimostra una forza straordinaria e una preparazione atletica perfetta, con una tecnica che è una sfida alla forza di gravità eppure ineccepibile rispetto a tutti i canoni tradizionali e con una naturalezza che incanta. Oltre a ciò, è anche un interprete totale, con una affascinante mimica di corpo, di viso e di sguardo, capace di immedesimarsi psicologicamente in ogni tipo di personaggio e situazione.

I nove “friends” che appaiono non sono da meno: si resta senza fiato davanti a pezzi come il pas à trois maschile “Canon in D major” danzato con i gemelli Bubenícek; oppure con il pas a deux con Joan Boada “Opus 100” di Neumaier, realizzato per i 70 anni del compagno e coreografo Maurice Béjart; o il pas a deux di “Romeo e Giulietta” con Melissa Hamilton.

Il documentario mostra anche interessanti pause di back stage, momenti che rivelano quanto sia spossante l’allenamento, quanto i dettagli delle coreografie siano studiati e provati fino alla perfezione. Ma anche attimi di divertito relax con le calzature larghe e goffe che indossano i ballerini a riposo. Sono inoltre raccolte unanimi espressioni di ammirazione artistica e di stima personale dei colleghi: “Perfetto come una statua greca” lo definiscono i Bubenícek; “Un vero amico, sempre disponibile ad aiutare e consigliare” dice Melissa Hamilton. Vi è infine l’entusiasmo del pubblico, le firme degli autografi, il grande calore della gente che è fonte di energia e di positività per Bolle: “Il pubblico – dice – è parte integrante dell’emozione dello spettacolo dal vivo.”

Ma “Tutto questo un giorno finirà”: con il documentario lo straordinario danzatore lascia infatti al pubblico quasi un testamento artistico, in vista di un suo futuro impegno ancora nella danza ma in ruoli necessariamente diversi. A maggior ragione questo filmato doveva essere l’occasione unica e forse irripetibile per immortalare un artista che difficilmente avrà presto eguali in Italia.

Invece, benché ci siano molti emozionanti primi piani e riprese al rallentatore, pare che manchi qualcosa nella regia: certo sarebbe stata giusta un po’ più di attenzione anche per gli altri ballerini, interpreti non certo di secondo piano del “Bolle and Friends”. Poi ci sarebbe voluta più chiarezza cronologica nella sequenza delle immagini e dei luoghi e delle performances: qualche didascalia in più non avrebbe guastato, mentre Bolle nei panni di attore di se stesso non è convincente (e ci mancherebbe: nessuno pretende che lo sia!). Ma soprattutto, ripensando al documentario Sexxx di Davide Ferrario del TFF 2015 (che fu ammirato anche da Madonna in quei giorni in tournée a Torino) ricordo una ricerca formale raffinatissima nelle immagini e nelle inquadrature e mi chiedo come avrebbe potuto essere meglio immortalato il guizzare degli strepitosi muscoli dell’artista alessandrino, le movenze, gli sguardi. Per quanto la sostanza sia emozionante, ho il timore che questo filmato sia l’opera d’arte mancata su un’opera d’arte irripetibile.