Francesco Dorigo, i suoi articoli, i suoi libri, le comuni partecipazioni a Padova ai corsi di cultura cinematografica al Cineforum dell’Antonianum, gli incontri redazionali lungo gli anni Sessanta per la rivista Cineforum, a Verona al Collegio don Mazza e a Venezia alla sede di S.Marco 337. E’ un susseguirsi, un accavallarsi di ricordi, alcuni fermi, altri ormai sbiaditi, altri ancora addirittura confusi dentro un’eco di affabulazioni altre, di coloriture estravaganti.
Di Francesco non voglio tentare un profilo biografico. Me ne difettano documenti storici, pezze giustificative, conoscenze dirette dei singoli atti delle sue laboriose giornate. Di riscontro a mie, ma anche di altri amici, prese di posizioni flessibili, possibiliste, suggestionate da modi di approccio ad un reale che sullo schermo diventa più “vero” del reale quotidiano, infiammate da un’urgenza di attualità che diventa linguaggio, mi piace invece ricordare il rigore filosofico di Francesco, la sua coerenza e tenacia di pensiero.
E’ vero: ci siamo ambedue defilati dalla redazione di Cineforum a breve distanza di tempo, Francesco alla fine del ’68 ed io un anno dopo. Ma la mia uscita che allora credevo temporanea, era dipesa dall’impossibilità di essere presenza operante, distratto com’ero dalla frenetica compilazione di una serie di antologie interdisciplinari per la scuola media. Francesco, invece, s’era dimesso da redattore capo di Cineforum perché non condivideva “certe trasformazioni radicali”, come nella risposta alla sua lettera di dimissioni, gli chiariva Camillo Bassotto, perché non intendeva essere “coinvolto in una eventuale politicizzazione della rivista, attraverso le cosiddette formule sociopolitiche oggi tanto in voga”.
Francesco era uomo che aveva un concetto “alto” della cultura, specchio di “civiltà”, e di quel crogiolo dell’immaginario che è il cinema. Ne postulava l’esercizio critico in prospettiva trascendentale senza lasciarsi deflettere da spiazzanti tentacoli immanentistici. Amava i film che senza compromessi o cedimenti a bisogni sempre più impellenti e complessi, si presentassero come saggi autoriali d’arte, riflessi esteticamente puri delle componenti socioculturali del mondo contemporaneo. E nel contempo, era il primo a sentire la necessità dell’ organizzazione, magari attraverso il “disincantamento operativo” che può operare il cineforum attraverso la discussione e ricerca dei valori estetici ed umani del film.
Francesco ce l’aveva con gli schemi dell’arte “impegnata”, con la cultura che piegava a sinistra, con la critica che vedeva, o anche soltanto credeva di vedere, succuba di ideologie laiciste o marxiste. E appena gliene veniva il destro, non mancava di polemizzare con chiarezza ed onestà, sentendone quasi la responsabilità apostolica di una ricostruzione e difesa dei valori della vita e dello spirito.
Anche sul piano saggistico, da una panoramica dell’esistente (con articoli per la Rivista del Cinematografo e poi di Cineforum, a volte raccolti in volume come in “Civiltà e Cinema” e “Cinema della crisi”), Francesco aveva raffinato ricerche e studi anche sul piano semiologico, del linguaggio dei segni, con una fervida progettualità messa ben presto in crisi dal timore di trovarsi spiazzato in un corpo redazionale volto altrove, nutrito da altri sogni e bisogni.
Aveva allora preferito andarsene, con una graduale rarefazione di incontri e dialoghi appena interrotti a volte, ma ormai con una nostalgia sempre più vaga, da qualche comune presenza, tra gli anni Ottanta e Novanta, nelle giurie cattoliche per la l’assegnazione della Navicella dell’Ente dello Spettacolo.
I° Concorso “Francesco Dorigo” 2006
L’associazione nazionale Cinit – Cineforum Italiano bandisce un concorso per tutti gli studenti delle Università del Piemonte, della Lombardia, della Liguria, dell’Emilia Romagna, del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto.
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