Siamo di fronte a un importante, ammirevole, e prezioso dal punto di vista dell’attività del fare giornalismo, esempio di documentario storico di guerra: 3 ore abbondanti di una nitida narrazione composto da filmati tratti da decine di reportage, molte immagini, quasi senza commenti, trasmessi dalla rete nazionale svedese che cerca di costruire un vocabolario imparziale.

Negli anni dal 1958 al 1989, i reportage dell’emittente pubblica svedese SVT da Israele e Palestina avevano un’unicità di racconto. I giornalisti inviati erano costantemente presenti nella regione colpita dalla guerra, documentando tutto, dalla vita quotidiana alle crisi internazionali.


Ed è in questo vasto repertorio di filmati e materiale d’archivio che si muove con studio e disciplina il nuovo film di Göran Hugo Olsson. Dall’ascesa dello stato israeliano alla lotta palestinese per l’indipendenza, dalla copertura mediatica con Yasser Arafat alle interviste con il ministro degli esteri israeliano Abba Eban durante una visita in Svezia. Insieme, raccontano la storia di un panorama mediatico cambiato e offrono uno strumento per comprendere un conflitto che ha influenzato il nostro tempo come pochi altri.

Göran Hugo Olsson saggiamente non ha intenzione di raccontare l’intera storia, ma tenere viva e sempre in allarta la memoria.
ha dichiarato che “È stato difficile. Questo è di gran lunga il film più doloroso che io – noi – abbiamo mai fatto. Sono stati cinque anni di ricerca e lavoro, abbiamo visionato più di cento ore di materiale; e purtroppo oggi è diventato straziantemente attuale. Sebbene sia stato interessante lavorare con questo tipo di materiale, fatto da e con personaggi incredibilmente notevoli, stimolanti, mescolati a testimonianze umane ed eventi geopolitici, non possiamo pensare al corso della storia che diventa sempre più drammatico. Abbiamo davvero cercato di mostrare rispetto sia per gli ideatori del filmato che per i partecipanti, con l’intento forse antiquato di promuovere nozioni come la pace e la comprensione”.