Dopo il bagno di folla di martedì sera per Diego Abatantuono, l’inossidabile Sandra Milo e il loro Un nemico che ti vuole bene, questa serà sarà la delegazione di unn altro film italiano a solcare il palco della Piazza Grande di Locarno in questa 71ma edizione del Festival. Oggi è infatti il turno de L’ospite di Duccio Chiarini, commedia agrodolce sulla vita lavorativa, sentimentale e familiare della generazione dei quasi-quarantenni italiani, nati negli anni ottanta da genitori baby boomer e diventati adulti nel nuovo millennio. Più dolce per i più vecchi e i più giovani, più agro per chi a quella generazione appartiene in pieno, visto che L’ospite ha il pregio di essere una fotografia fedele e non banale della vita a tutto tondo del tipico trentottenne iperistruito, sottosfruttato e super frustrato (il personaggio del protagonista Guido, ovvero quel Daniele Parisi che aveva già interpretato un ottimo frustrato nel tragicomico Orecchie), il che rende tanto facile quanto dolorosa l’immedesimazione. Nel film, Guido è nel bel mezzo di una serie di crisi su tutti i fronti possibili e immaginabili, da quella con la fidanzata nata da una discussione sulla possibilità di fare un figlio (lite che lo porterà prima a tornare a stare dai suoi e poi a girare da un divano di amici all’altro) a quella sul posto di lavoro, con un contratto da ricercatore presso la facoltà di lettere che sembra portargli più problemi che soldi.
Ai problemi di Guido si sommano quelli di amici e colleghi, tra coppie diventate famiglie troppo presto e quarantenni che non si rassegnano all’incombere degli-anta, saltando da una relazione e l’altra. Questo quadretto al limite del depressivo (al quale vanno aggiunti i continui riferimenti a malattie e problemi di salute, a tratti in modo grottesco e a tratti in modo tragico, un po’ à la Carlo Verdone) riesce a risultare incredibilmente leggero sia per i toni usati che per un umorismo che senza cercare di strafare pesca dal quotidiano, come se Chiarini volesse farci ridere per un attimo degli stessi problemi che, ad alcuni di più e ad alcuni meno, di solito ci fanno piangere o almeno incazzare.
L’ospite non è nè il primo nè l’ultimo film italiano che cerca di raccontare con una buona dose di realtà le disgrazie dei Fantozzi del nuovo millennio, ma con una differenza: a distinguere il film di Chiarini da certe commedie simili degli ultimi anni sono una serie di piccoli particolari che provano il fatto che chi ha scritto la sceneggiatura sa di cosa sta parlando. Non troviamo le solite approsimazioni parioline sul mondo del precariato ma riferimenti a situazioni più che verosimili, come sono verosimili le professioni dei protagonisti (dopo decine di commedie inspidie popolate quasi esclusivamente da giornalisti e fashion designer trentenni chiusi nei loro loft). Grazie a questo approccio semplice ma sincero, Chiarini riesce a mettere in piedi un film che è qualcosa in più di una bella commedia.
“L’ospite” di Duccio Chiarini
Giovani, carini e precari