La lavagna del Dr. House – I parte

[/Dissipa tu se lo vuoi
questa debole vita che si lagna,
come la spugna il frego
effimero di una lavagna.
Eugenio Montale, Ossi di seppia./]

La lavagna è assieme lo strumento indispensabile dell’elaborazione diagnostica del dottor Gregory House e l’appendice necessaria al suo temperamento da superuomo reificato.
La lavagna compare in diversi episodi della prima stagione, ad esempio in 1×2, in 1×3 dove sulla sua superficie viene espressa con diversi pennarelli colorati la complessità crescente del quadro clinico.
In 1×4 la lavagna dà la caccia ad un virus che uccide i neonati. Ritroviamo la lavagna in 1×6, 1×7, 1×13, 1×14, 1×15, 1×16, 1×18, 1×19, 1×21 (in un’ aula di lezione: addirittura due lavagne), 2×1, 2×2 dove House dà il “permesso di toccare i pennarelli” alla sua interna, la dott.ssa Cameron, 2×3, 2×4, 2×5, 2×6, 2×11, 2×14, 2×15, 2×16, 2×17, 2×20, 2×21 dove spesso la lavagna compare entro i primi dieci minuti dell’episodio a beneficio dello spettatore. In 2×19 diventa il tabellone dei punti per registrare lo spettacolare confronto tra House e “Dio” ed in 2×24 un ex-paziente spara ad House, mentre stava scrivendo alla lavagna.

La lavagna campeggia nella sala riunioni del Dr. House, che se non ne ha una a portata di mano ne rimedia una di fortuna, ad esempio in 2×10 dove annota le indicazioni di un afasico sopra un muro, ed in 3×18 caso d’isteria di massa in volo (sull’aeroplano), dove compone il succedaneo dell’équipe medica servendosi dei passeggeri presenti. In 2×24 la lavagna accompagna il processo d’autocritica del personaggio e la sua uscita da uno stato allucinatorio indotto da un forte trauma.

La lavagna, oggetto reso mitico dall’iconografia novecentesca del genio scientifico (in particolare einsteniana) è insomma l’epicentro dello studio del Dottor House, fulcro attorno al quale ruotano i giochi di potere ed apprendistato tra il maestro ed i suoi giovani allievi, nonché il diagramma in tempo reale della lotta contro il tempo dei medici, della possibilità di vita e di morte dei loro pazienti. In seconda battuta la lavagna, secondo metafora antichissima (risalente almeno alla tavoletta incerata dello scriba), funziona da schermo di visualizzazione della potenza del pensiero, contribuendo a drammatizzare ed a rendere tangibile il travaglio del lavoro mentale di riconoscimento e riconduzione (dià – attraverso – gnosis – conoscenza) dei fenomeni della malattia dentro categorie note, quindi dominabili.

In terza battuta la postura di House di fronte alla lavagna ricorda quella del pittore di fronte alla tela (in particolare vedi: 1×14 e 1×15) il che non contribuisce soltanto a rafforzare l’aura umanistica del personaggio ma suggerisce anche un raffronto: come il pittore proietta la sua arte combinatoria ed immaginativa sulla tela House proietta sulla superficie della lavagna i suoi processi mentali, trasformandola in un vero e proprio “scenario di produzione”.

Se House non praticasse un genere “aniconico” quale la “write art” praticherebbe certamente l’autoritratto: lo sguardo diretto verso la “tela” con la fronte corrugata trasudante l’estrema concentrazione mentale, la continua “lotta” con la tela, ribadita dai rituali nervosi (la pallina anti-stress che passa di mano in mano, il bastone che ruota come l’attrezzo di una vedette) poi la mano che cancella i segni e li riscrive… tutto questo ci ricorda irresistibilmente una certa situazione codificata dell’autoritratto occidentale: quella dove il pittore si rappresentava nel suo atelier, circondato dagli strumenti del suo lavoro…

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Questo testo è apparso in una versione differente e corredata di note sulla rivista “Cinergie. Il Cinema e le altre arti”, n. 14, settembre 2007