[/L’estrapolazione, una specie di palla di cristallo costituita da osservazione, immaginazione e logica, divenne lo strumento di veggenti come pure di matematici.
James Gunn, Storia illustrata della fantascienza./]
Dottor House risolve i suoi casi con il metodo abduttivo: formula un’ipotesi che si sorregge per analogia sulla base della plausibilità di una Legge generica a cui si ricollega il sintomo che tange l’ordine di manifestazioni del singolo caso (Il paziente ha la malattia “?” ed una serie di sintomi “X”, “Y”,”Z”; se il paziente è afflitto dalla malattia “1” deve avere anche le reazioni “A”, “B”, “C”; pertanto gli somministrerò la cura “?”).
L’ipotesi di House viene verificata secondo i canoni abituali della scoperta scientifica rivoluzionaria (è il metodo di Keplero: suppongo che Marte occupi la posizione “X” ed “Y” in una traiettoria; deduco il punto “Z” di un’orbita “1”, di tipo ellittico; è pertanto la teoria “?” ad essere giusta).
Il dispositivo che House utilizza per visualizzare, memorizzare ed ordinare i sintomi (ed al contempo correlarli alle ipotesi-guida) è un’umile lavagna di plastica o di vetro, oggetto corrusco, utile, economico e lavabile a cui viene abbinato un pennarello. Una volta raccolti ed associati i dati disponibili secondo lo stesso sviluppo procedurale seguito dal matematico (o dal suo fratellino minore, l’enigmista), House li spunta ad uno ad uno per risalire all’origine della malattia. In pratica House usa la lavagna come un filologo lachmanniano usa lo stemma codicum per risalire all’originale perduto di una dinastia di testi tràditi. (In un memorabile saggio dedicato alle peripezie di don Isidro Parodi, logorroico armchair detective creato dall’ingegno di Borges e Casares, Umberto Eco allaccia il medico, il detective, ed il filologo alla serpentina di un filo continuo che si svolge attraverso il rullino di un criterio epistemico comune: “molte delle grandi scoperte scientifiche procedono in tal modo [con l’abduzione], ma anche molte delle scoperte scientifiche e molte delle ipotesi fatte dal medico, per carpire la natura o l’origine di una malattia e molte delle ipotesi del filologo, per carpire cosa potesse esserci in un testo, laddove il manoscritto originale è confuso o lacunoso”)
Al metodo abduttivo House abbina la pratica dell’anamnesi allargata, ossia un’anamnesi scettica che attacca la referenzialità dei testi in quanto tali (le cartelle ed i referti del paziente) giudicando altrettando poco attendibili le dichiarazioni del paziente (o dei parenti del paziente). Scavando dentro i “testi” ed inviando i propri aiutanti a compiere sopralluoghi che travolgono, se occorre, la privacy, House incarna un’autoritas che sospende iuxta propria principia la volontà del curato e soffre parecchio dei “lacci e lacciuoli” predisposti dal sistema legale per limitarla tentando, ogni qual volta sia possibile, di forzarli.
House abbina all’esercizio del metodo abduttivo la pratica di una strategia di lettura assieme distaccata e partecipe ossia atta ad aprire spiragli interpretativi nel muro opaco dei dati disponibili. L’ulteriore caratteristica che ne sanziona le facoltà investigative è l’esercizio del cosiddetto “occhio clinico” esplicitato nel corso dei frequenti vis-à-vis con i pazienti dell’ambulatorio.
L’occhio clinico, dote apparentemente magica-divinatoria, è un occhio metodico, organo di un’ars videndi frutto della capacità del medico esercitato di compiere “un lungo lavoro mentale in brevissimo tempo” senza nulla trascurare. Quest’occhio vigile ed indagatore affonda nelle origini oscure e paranoiche del paradigma indiziario laddove l’occhio clinico assimilava, sotto la potenza livellatrice della ricerca e della diagnosi, “le malattie della mente, del corpo e della morale”; laddove l’occhio clinico (ri)diventa l’ “occhio di Sauron”.
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Questo testo è apparso in una versione differente e corredata di note sulla rivista “Cinergie. Il Cinema e le altre arti”, n. 14, settembre 2007.