L’Australia si presenta alla 58. Biennale d’Arte di Venezia con un’opera di Angelica Mesiti dal titolo “Assembly”.
La mostra – curata da Juliana Engberg – ritrae un mondo “possibile”, una ideale collettività che continuamente si integra e disintegra, rivoluzionandosi senza sosta e riformandosi costantemente davanti all’occhio attento dello spettatore.In un momento storico nel quale la democrazia sembra essere in crisi, quello che Mesiti ci mostra è l’intensità e la forza del concetto di “comunità”: il gruppo facente parte di questa “assemblea” esemplare si evolve e muta grazie ad un sistematica – ed ogni volta nuova – generazione data da una serie di traduzioni ora polifoniche, ora dissonanti e/o cacofoniche che hanno il loro culmine in un momentaneo e corale tentativo finale di armonia.
La mostra – curata da Juliana Engberg – ritrae un mondo “possibile”, una ideale collettività che continuamente si integra e disintegra, rivoluzionandosi senza sosta e riformandosi costantemente davanti all’occhio attento dello spettatore.In un momento storico nel quale la democrazia sembra essere in crisi, quello che Mesiti ci mostra è l’intensità e la forza del concetto di “comunità”: il gruppo facente parte di questa “assemblea” esemplare si evolve e muta grazie ad un sistematica – ed ogni volta nuova – generazione data da una serie di traduzioni ora polifoniche, ora dissonanti e/o cacofoniche che hanno il loro culmine in un momentaneo e corale tentativo finale di armonia.


L’obiettivo di Mesiti pare allora essere quello di esplorare il potere che ha la comunicazione di trasformare se stessa, attraverso l’interpretazione e i linguaggi verbali e non. In un’altra parte del film ad essere protagonisti sono le tecniche di ascolto profondo della compositrice femminista Pauline Oliveros ed i segnali performativi di protesta utilizzati nel 2017 a Parigi nelle manifestazioni della “Nuit Debout” in Place de la Republique.
