Pavements è un docu-film sperimentale, diretto da Alex Ross Perry, sul gruppo musicale indie statunitense Pavement, celebre negli anni ‘90.

Il film unisce filmati di repertorio (concerti, interviste, apparizioni televisive) con riprese di un lungometraggio del 2023 dedicato alla band, ed ancora riprese delle prove per il tour che segna la reunion, un musical teatrale e numerosi altri materiali di differenti generi. È dunque un esempio di ibridazione e totale mescolanza, privo di regole e caratterizzato da una narrazione frammentaria, disordinata, che non segue una linea temporale precisa.

Si tratta in effetti, come dimostrato dai titoli di coda, di diversi lavori uniti in un macro omaggio, una celebrazione di quella che viene definita “la band più influente del mondo” con chiaro intento sarcastico, anche se ciò si evince solo dopo la prima mezz’ora di film. La pellicola, pur nella sua non organicità, risulta in parte ben riuscita: c’è ironia ed autoironia, soprattutto da parte dei membri della band e dall’attore Joe Keery, che interpreta il frontman Stephen Malkmus nel lungometraggio metafilmico.

È proprio Keery, insieme a Jason Schwartzman, a dare, grazie ad una recitazione volutamente sopra le righe, un tono quasi surreale alla pellicola, che tocca – grazie a questi nomi – momenti di pura  e apprezzabile satira. Elogiabile anche l’inatteso cameo dei registi Greta Gerwig e Noah Baumbach.

Inoltre, spesso, sono i provocatori riferimenti ad altre band più celebri del decennio, come i Nirvana, i Radiohead o gli Smashing Pumpinks, a scatenare nello spettatore una sincera risata. Pur vantando un accurato e sviluppato sperimentalismo, l’opera non convince a pieno, e, in modo particolare, stanca a causa di una continua ed estenuante ripetitività. La lunghezza (ben 128 minuti) è troppo estesa rispetto alla densità di quanto viene raccontato e mostrato, decisamente troppo per un film che avrebbe, senza dubbio, guadagnato grazie ad alcuni significativi tagli.