“NEVER LET ME GO – NON LASCIARMI” DI KAZUO ISHIGURO

Dal libro al film, per la regia di Mark Romanek

Darling hold me, hold me, hold me, and never let me go è una strofa della canzone Never let me go, dall’album Songs after dark di Judy Bridgewater, fictional singer creata da Ishiguro per il suo romanzo, Non lasciarmi.
La musicassetta, con questa canzone, appartiene a Kathy H, un’allieva della prestigiosa scuola di Hailsham, un collegio della campagna inglese. La prima volta che ascoltò quella canzone Kathy era una bambina, immaginò si riferisse a una mamma che cullava il suo piccolo, pensando a cosa potesse provare quella mamma; una sensazione che Kathy sapeva che non avrebbe mai vissuto.
Kathy H. è la protagonista, voce narrante, di Non lasciarmi, il romanzo visionario dello scrittore anglo giapponese Kazuo Ishiguro pubblicato in Italia da Einaudi nel 2006.

Era dai tempi di Quel che resta del giorno (tradotto in pellicola da James Ivory), che Ishiguro non scuoteva il lettore con un libro di forte impatto emotivo.
Era facilmente presagibile, quando uscì in libreria, che qualcuno lo avrebbe voluto adattare per il grande schermo.
Ad adempiere a un compito tutt’altro che facile, è stato il regista Mark Romanek (One hour photo), che si è avvalso di un braccio destro di tutto riguardo: lo sceneggiatore, e anche scrittore, Alex Garland (The beach, Sunshine, 28 Days later).
Never let me go, interpretato da Carey Mulligan (Kathy), Andrew Garfield (Tommy), Keira Knightley (Ruth), ha aperto il London Film Festival ed è stato presentato al Courmayeur Noir in Festival – 2010.

Non lasciarmi è una favola lugubre, è un romanzo di fantascienza, è una distopia crudele, amara, e inevitabilmente commovente.
Il romanzo si svolge tra gli anni Settanta e i tardi anni Novanta (regista e sceneggiatore hanno invece optato per un’atmosfera atemporale), protagonisti sono Kathy, Ruth e Tommy. Bambini speciali, cresciuti insieme in un collegio immerso nel verde della campagna inglese. Come tutti gli altri allievi di questa scuola non hanno genitori, ma non sono neppure orfani. La loro vita viene accompagnata dall’amicizia e dall’amore come uniche armi contro un mondo che nasconde egoismo e crudeltà.
Kathy, è sempre stata una ragazzina riservata, ma determinata; Tommy fin da bambino ha sempre mostrato un brutto carattere impulsivo, mentre a Ruth è toccato il compito del leader carismatico, a volte prepotente. Ragazzini apparentemente normali, con sfaccettature simili a quelle di migliaia di bambini sparsi nel mondo.
Ma loro sono speciali, così hanno sempre raccontato loro i diversi tutori o insegnanti che si sono preoccupati che avessero una delle migliori istruzioni.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale molte delle malattie che non lasciano scampo erano state debellate, grazie a incredibili passi avanti della scienza. Nei laboratori, svariati team di scienziati erano riusciti ad allungare la vita umana di decenni, creando dei cloni. Aprendo una strada senza ritorno.
Kathy, Ruth e Tommy sono tra i cloni più fortunati, essendo cresciuti in una casa come Hailsham. Altri istituti non erano propriamente posti idilliaci per tirare sù dei bambini cloni.
Il loro scopo è crescere sani, non prendere malattie, fino a quando saranno chiamati ad adempiere allo scopo della loro creazione: la donazione dei loro organi.
Per il resto vivono una vita “normale” nel suo essere speciale.
Mentre il lettore legge pagina dopo pagina la vita di questi bambini, raccontata placidamente da Kathy, è assalito da una sconvolgente ansia.
Ishiguro è un maestro nel saper svelare l’attanagliante doppiogioco umano, la sottile ferocia insidiante, la precisa indifferenza che alberga comodamente nell’animo umano. (S)travolgente come Quel che resta del giorno, Non lasciarmi agisce sul lettore scoprendo nervi sensibili. La docilità di questi bambini (animali al macello), la consapevolezza del futuro (completano il loro ciclo vitale intorno ai trentacinque anni) e la conseguente mansueta sottomissione al loro destino sconvolge con un’intensità colma di struggente malinconia.
La passione dei loro sentimenti quando scoprono l’amore, i loro sogni infranti da un destino ineluttabile, l’accettazione degli esseri umani intorno a loro, sono raccontati con l’eccellente semplicità di Ishiguro, attrezzata con il suo tipico ritmo incalzante.

La fantascienza non è solo fatta di paranormale, di astronavi e alieni, non è solo futuro. Ma può benissimo essere immersa nel presente, portando chi legge, o chi guarda, a riflettere concretamente su argomenti e situazioni non impossibili nè improbabili, lasciando tante certezze quanti dubbi, tante domande, prima fra tutte “ma io cosa farei?”.
Questo libro agghiacciante si presta a molteplici chiavi di lettura, a riflessioni pressanti e quanto mai angoscianti. È un romanzo di formazione, è un testo politico, è una grande storia d’amore, è una metafora dell’infanzia, della vita, è una tragica lettura di un mondo possibile che spaventa, ai margini del testo possiamo anche intravedere un riferimento all’Olocausto.
C’è un passo del libro, ripercorso fedelmente dal film, nel quale i tre protagonisti guardano attraverso il vetro di un ufficio le vite normali. Un’immagine simbolica e possente.

Lo sceneggiatore Alex Garland si è trovato, quindi, con un ingombrante peso da gestire. Ha intrapreso una scelta sentimentale, incentrando la scrittura del film sulla storia d’amore tra Ruth e Tommy e poi tra Kathy e Tommy. Il procedere del film, puntando sui sentimenti, ha comportato, per la realizzazione di questa scelta, lo stravolgimento di altri dettagli “umani”, che nel romanzo facevano affiorare delicate sfumature della personalità di questi cloni.
Nonostante questo ritaglio delle pagine del libro, che potrebbe suscitare dubbi e incertezze da parte di chi ha amato le pagine scritte, il film di Romanek, grazie a quella scelta atemporale, di cui si parlava, quasi incolore, con una fotografia asettica, è discretamente riuscito a ricreare la terribile bellezza della tessitura narrativa del romanzo.
Se parlando del libro, possiamo fare riferimenti all’inquietante 1984 di Orwell (il controllo totale della società da parte di un governo totalitario) o al lirico La strada di McCarthy (il sopravvivere di un padre e un figlio dopo una catastrofe apocalittica); guardando al modus narrandi del film, sovvengono alle mente due film recenti. Uno è The Island, film del 2005 diretto da Michael Bay, un’avventura fantascientifica dove si raccontava di un ‘isola abitata da cloni umani creati per sostituire le loro ‘controparti’ originali. Ma a livello emotivo, intimamente coinvolgente, ricorda Gattaca, anno 1997, per la regia di Andrew Niccol, che ricrea un mondo immaginario dove i genitori ordinavano in provetta figli perfetti.

Durante la visione di Non lasciarmi lo spettatore si trova di fronte a uno spettacolo difficile, che non lascia spazio a facili scappatoie. La discreta regia, si ripete non facile considerata la complessità del testo di partenza, avrebbe potuto infliggere un colpo maggiore nello stomaco dello spettatore, dando più carattere ai personaggi. Per quanto possano essere stati bravi gli attori, Andrew Garfield, Keira Knightley e la Mulligan, sceneggiatore e regista sono riusciti solo in parte a infondere quel necessario calore privato, quella compassione (dove non si intende commiserare, ma soffrire con qualcuno) che i personaggi di Ishiguro sprigionano. Per quanto possa essere ritenuta brava la Mulligan come attrice, dobbiamo sostenere che non riesce a dare movimento alla personalità di Kathy. In un giocoso discorso di se e di ma, Keira Knightley sarebbe stata fisicamente ed espressivamente più idonea a interpretare Kathy e la Mulligan avrebbe saputo dare maggior sottigliezza a Ruth.

Non lasciarmi, in uscita nei cinema italiani a fine marzo, è un’opera di non facile apprendimento. Coloro che vedranno il film senza aver letto il libro, scopriranno un dramma vertiginoso e intrigante. Ma dobbiamo anche consigliare la lettura del libro, simbolo di mondo in declino, con la sua parabola della mortalità, di un mondo che trattiene la paura per sè.